Un giorno, di dodici anni fa, nella ditta in cui lavoravo, è arrivato un ragazzo, smilzo, apparentemente introverso ma con due occhi pieni di luce.
Non ho dovuto scomodare sociologi o psicologi per capire che Alessandro "Ale" Anselmo, era quello che in Canavese si dice "an brav bòcia".
Alcune volte, ho avuto l'occasione di lavorare con lui e la mia prima impressione ha avuto piena conferma: educato, sempre allegro e ben disposto a collaborare con i colleghi.
Con noi non è stato molto, forse un anno o poco più.
Anni dopo, ho saputo che l'avevano assunto alla Icas di Ivrea, ditta seria, lavoro sicuro e vicino a casa.
Eravamo amici ma, vuoi la differenza di età o il poco tempo che ci siamo visti, la nostra non era un'amicizia cementata da anni di frequentazione, da serate passate a tirar tardi con una birra in mano, a far festa con i coscritti o a preparare il carro per carnevale.
Però, quando suo cugino Daniele Anselmo, mi ha telefonato per dirmi che Ale non c'era più, è stato come se mi avessero rubato un pezzo della mia vita, accorciato il futuro, spento la luce, privato di un sogno.
A sua moglie e a suo figlio, ai suoi genitori e parenti, a tutti i suoi amici, a chi lo conosceva meglio di me, a chi l'ha visto crescere e diventare adulto, a chi ha gioito con lui e con lui ha vissuto anche momenti tristi, a tutti voi, vorrei poter accarezzare il cuore.
Ciao Ale.